Monaci Basiliani: i padri dell’olio del Salento

Uno dei tesori più preziosi del Salento è l’olio extravergine d’oliva. La coltivazione dell’olivo in questo territorio ha origini antiche e discordanti. C’è chi attribuisce la scoperta di questa cultura agli antichi Greci, chi invece è sicuro che siano stati i navigatori Fenici ad averla importata fin qui. Ciò che è sicuro è che siano stati i romani i più ferventi sostenitori dell’oro liquido salentino, potenziandone la produzione e sviluppandone le tecniche di coltivazione apprese dai Greci.

Eppure quando si pensa al binomio olio d’oliva e Salento non si può non pensare ai monaci Basiliani. I monaci Basiliani, appartenenti all’antico ordine di San Basilio, giunsero in Puglia dal Medioriente, nello specifico da Siria e Egitto. Abituati a vivere in luoghi aridi e rocciosi, qui vi trovarono condizioni climatiche e morfologiche a loro consone. Motivo della loro dipartita dalle terre d’origine fu la dura persecuzione religiosa perpetrata dall’Impero Bizantino nel 725 d.C.

Luogo di rifugio per i monaci furono le grotte e gli anfratti del territorio salentino, dove si nascosero per molti anni. In questi luoghi di emarginazione i monaci non persero il loro consueto spirito positivo e gioviale, facendoli diventare accoglienti dimore di preghiera. Ancora oggi si possono ammirare infatti, i colorati affreschi rappresentanti il lento scorrere della loro quotidianità.

Questa fu la loro residenza fino alla metà dell’800 d.C., anno in cui le persecuzioni nei loro confronti giunsero al termine e si ristabilì un periodo di pace. Conclusosi questo periodo buio, i monaci non rimasero certo con le mani in mano. Uomini colti ma anche dotati di senso pratico, uno dei loro primi personalissimi compiti fu quello di costruire chiese e scuole, non solo per sé stessi ma anche per la loro nuova comunità. Iniziarono a dire messa per gli abitanti della regione e ad insegnare a leggere e scrivere ai più piccoli. Diffusero in tutto il territorio l’uso della lingua greca, usata sia per l’insegnamento che per i riti religiosi. Insegnarono agli adulti a pescare e a coltivare la tshutterstock_164796317erra. Proprio quest’ultima divenne la loro più importante risorsa.

I monaci Basiliani si appassionarono all’agricoltura: dissodarono le terre anche in zone fino ad all’ora abbandonate, importarono nuove culture, ma soprattutto si innamorarono di uno dei suoi frutti più preziosi: l’olivo.

Per potenziarne la produzione i monaci si ingegnarono con un’invenzione sorprendente e all’avanguardia: i trappeti ipogei. I trappeti erano delle vere e proprie grotte, scavate nella roccia sotterranea annesse a luoghi ricchi in oliveti o anche allocate direttamente alle masserie e ai casali adibiti alla produzione dell’olio. Caratteristica fondamentale di questi trappeti era di avere ubicato sulla propria volta una spazio che lasciasse passare corrente d’aria e luce. E’ facile intuire che questa creazione fu niente meno che il frutto di una vita passata a vivere in grotte essi stessi. Durante la loro permanenza in questi scavi abitativi, i monaci avevano sperimentato sulla loro pelle che le temperature che si andavano a sviluppare in ambienti di questo tipo (15/16 gradi) erano perfette per il distaccamento dell’olio dalla pasta d’olive. Uno stratagemma del tutto naturale, che rendeva l’olio prodotto ancora più di qualità.
In breve tempo la Puglia, e il Salento in particolare, divenne uno dei maggiori centri produttivi di olio di tutto il territorio italiano. L’agricoltura era diventata ormai più remunerativa della pesca e di qualsiasi altra attività economica lì presente. Il Salento si trasformò, grazie alla saggezza e alla dedizione dei suoi monaci, in un luogo ricco e fiorente.

Essi contribuirono fortemente anche alla modernizzazione sociale del territorio. Crearono i casali, piccole unità feudali in cui si riunivano le famiglie non solo per lavorare la terra con l’impegno di metterla a frutto, ma anche per costruire insieme un nuovo concetto di comunità autonoma. Anche da un punto di vista politico i monaci rivestirono un ruolo importante: fu infatti grazie a loro che nacque la figura del Sindacus, rappresentante giuridico del casale.

COlive brancheson le olive raccolte, soprattutto Cellina di Nardò e Ogliarola, i monaci e i loro concittadini producevano un olio extravergine di superba qualità, dal gusto delicato e fruttato, ma c
on un aroma intenso e rotondo. Con questo stesso olio creavano anche liquori e grappe, uniche per la loro composizione e sapore.

Secoli dopo ci ritroviamo a gustare questi stessi prodotti, gelosamente preservati dai Salentini di generazione in generazione. Anche negli anni duemila l’influenza di questi monaci, raccolti e taciturni, rimane indelebile e più forte che mai. La testimonianza della loro silenziosa grandezza si sprigiona nei colori degli affreschi sotterranei, nel fascino delle tante cripte disseminate nel territorio, nella solarità delle icone religiose legate soprattutto alla figura della Madonna, nel ricco sapore delle olive coltivate nel rispetto delle tradizioni di una volta.

Si può dire che alla base dell’attuale cultura salentina ci sia l’impronta quieta e profonda dell’anima dei monaci Basiliani. Quasi un ossimoro esistenziale: tanto mesti e misteriosi si sono rivelati i monaci di San Basilio, quanto più allegra e rumorosa nella sua bellezza si presenta a noi il Salento di oggi.

 

Author: Daniela Delli