Salento di una volta: i giochi

Fino a non molti decenni fa, quando videogame, computer, playstation e telefonini non la facevano da padrona, i giochi che i ragazzini erano soliti fare per passare i loro lunghi pomeriggi erano radicalmente diversi da quelli che oggi i loro attuali coetanei utilizzano davanti ad uno schermo. Si trattava a volte di giochi che rientrano nella più ampia tradizione italiana, altri invece erano peculiari del territorio salentino.

Tra i giochi di una volta di respiro “nazionale” possiamo ricordare il girotondo, il salto con la corda, il telefono senza fili, il dottore e il paziente, il nascondino (dove il ragazzo che doveva fare la conta si diceva dovesse nguzzare, ossia essere sottoposto a penalizzazione), la campana, i giochi con le biglie per i ragazzini e quelli con le bambole per le ragazzine, bambole estremamente differenti da quelle odierne e spesso cucite a mano dalle loro madri unendo pezze di vario genere.

Esistevano poi dei giochi che erano particolarmente “in voga” lungo il Salento. Ne ricordiamo un paio in questa sede senza pretendere di dover essere necessariamente esaustivi, ma per dare un’idea dei giochi praticati un tempo dai bambini del Salento e di quella che era la fantasia che sembra oggi perduta.

Quello de “li tuddhri” è forse il gioco locale più “famoso”. Si giocava con cinque sassolini reperiti in strada (le vie dei centri abitati spesso non erano ancora asfaltate) che ogni partecipante si passava a turno. Scopo del gioco era passare diverse fasi. Si cominciava con la fase uno: con tutti i sassolini a terra, se ne doveva prendere uno senza toccare gli altri, lanciarlo in aria e, mentre quello era in volo, si doveva riuscire a prendere un secondo sassolino, riprendendo poi anche l’altro prima che ricadesse per terra. A questo punto si proseguiva allo stesso modo fino ad avere in mano, se si riusciva, tutti e cinque i sassolini. Nei turni successivi cambiavano le combinazioni: si dovevano quindi prendere al volo i sassolini con le combinazioni 2-2-1, 1-3-1, 1-4, fino a lanciarli tutti in aria cercando di riprenderne il più possibile in mano. Ad ogni turno, i sassolini che si riuscivano a portare in mano costituivano il proprio punteggio che si sommava a quello dei turni successivi. Dopo il turno finale, si decretava il vincitore.

Esisteva poi il gioco così chiamato “delle furmeddhre” o “a sordi”, a seconda che si usassero come strumenti di gioco dei bottoni oppure delle piccole monete di poco valore (le ultime volte i bambini ci giocavano con le 5 e le 10 lire). In entrambi i casi, si lanciava la monetina o il bottone contro un muro vicino, a turno. Se il secondo (o il terzo, o il quarto) giocatore riusciva nel rimbalzo a far ricadere la monetina o il bottone ad una distanza che copriva il palmo della mano da un’altra monetina o bottone, se ne poteva impossessare. In caso di mani di diverse dimensioni tra i giocatori, veniva spesso utilizzato un ramoscello spezzato da impiegare come standard comune per tutti. Lo stesso gioco poteva anche essere fatto senza rimbalzi, direttamente in strada come una sorta di gioco di bocce, anche qui valeva la regola del palmo della mano o del ramoscello per impossessarsi della moneta o del bottone più vicino.

Chi è Fabio

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