Livio Romano: essere uno scrittore nel Salento

Livio Romano, pur affermando “non chiamatemi scrittore salentino”, è l’esempio di scrittore cui la salentinità sta bene addosso. Eppure il suo percorso non è stato semplice, prima di riuscire ad affermarsi a livello nazionale.

Nasce nel 1968 e, da quando ha preso in mano una penna, ha sempre scritto, cominciando dal liceo. Qui il compito di italiano era quasi un divertimento, dove altri invece avevano con sé la classica “cintura” con i temi svolti. Oltre che scrivere, ha sempre letto tanto. Di tutto e di ogni argomento, incoraggiato dalle professoresse che vedevano in lui particolare entusiasmo.

Scrisse per “La Voce di Nardò”, un quotidiano locale, e, ogni volta che scriveva, combinava qualche guaio perché amava esporre il proprio punto di vista e le proprie opinioni su argomenti di politica e sui politici stessi. Si iscrisse a Giurisprudenza, perché “Negli Anni ’80 ci si iscriveva a Economia e Commercio o a Giurisprudenza immaginandosi tutti general manager e avvocati di successo”.

Stanco di dover scrivere solo articoli di giornale, intorno ai 26 anni ha cominciato a scrivere racconti che sono stati presto apprezzati in tutta Italia e pubblicati da importanti case editrici. Nel frattempo, ha capito che, come professione, l’ideale per lui non era fare l’avvocato ed ha cominciato ad insegnare (“Uno che legge poesie…è difficile che difenda malfattori o reclami quattrini”), diventando maestro di inglese nelle scuole del Nord Italia e ritornando successivamente in Puglia.

Raggiunge il successo con il suo libro “Mistandivò”, narrando in una serie di racconti le avventure di un gruppo di salentini alle prese con un dubbio: restare nella propria terra con un lavoro insoddisfacente o tentare la fuga al Nord per fare fortuna.

Il consiglio di Livio Romano ai giovani scrittori? “Scrivere indipendentemente dall’avere o meno un buon contratto editoriale”.

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